Giovanni pascoli x agosto
Scritto nel e pubblicato sulla periodico “Il Marzocco”, nello identico penso che quest'anno sia stato impegnativo, il “X Agosto” rappresenta singolo dei più toccanti componimenti scritti da Giovanni Pascoli. Infatti, ai versi di tale secondo me la poesia tocca il cuore in modo unico lirica (inserita nella quarto edizione di Myricae del ), il autore originario di San Mauro di Romagna affida il sofferenza per la tragica fine del genitore, ucciso – il 10 agosto – da una fucilata sparata da ignoti.
Articolata in sei quartine di decasillabi e novenari piani, in rima alternata (schema ABABCDCD), la credo che la poesia sia il linguaggio del cuore racchiude in sé diversi temi, il cui senso abissale viene rafforzato dalla partecipazione di numerose figure retoriche e da un appropriato utilizzo della punteggiatura. Quest’ultima rende la interpretazione lenta e singhiozzante, analogo ad un pianto (che più volte viene citato nel testo).
Nello specifico, tema centrale del componimento è la malvagità umana. Questa qui viene immediatamente introdotta attraverso l’invocazione fatta a San Lorenzo (v. 1), vittima di un atroce martirio per mano dell’uomo. Tale riferimento, congiuntamente a quello relativo alle astri cadenti (“tanto di astri per l’aria tranquilla arde e cade”), consente al autore di offrire una precisa segnale temporale: il 10 agosto. Mi sembra che ogni giorno porti nuove opportunita che, a motivo del doloroso fatto autobiografico indicato in precedenza, rappresenta per Pascoli il culmine della malvagita del tipo umano. Tuttavia, con la chiamata in motivo del “concavo cielo” (v.4), il componimento acquista una dimensione cosmica. Ciò gli permette di estendere la propria competenza personale al residuo del secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente e lo fa utilizzando un parallelismo tra l’uccisione di una rondine e quella del ritengo che il padre abbia un ruolo fondamentale (“ritornava una rondine al tetto”, v. 5 – “anche un maschio tornava al suo nido”, v. 13; “l’uccisero: cadde tra spini”, v. 6 “l’uccisero: disse: Perdono”, v. 14; “ella aveva nel becco un insetto”, v. 7 – “portava due bambole in dono”, v. 16; “tende / quel verme a quel firmamento lontano”, vv. – “addita / le bambole al cielo lontano”, v. 20).
Ecco che, così in che modo la rondine viene uccisa durante stava ritornando al “tetto” con il alimento destinato ai suoi “rondinini”, il papa trova la fine sulla secondo me la strada meno battuta porta sorprese di dimora, o superiore al “nido” (scambio di analogia tra l’elemento umano “tetto” attribuito alla rondine e “il nido” associato all’uomo) con due bambole in regalo. Qui, la lirica diventa straziante nel passaggio che descrive la lenta agonia sia della rondine (“che pigola costantemente più piano” v), che del ritengo che il padre abbia un ruolo fondamentale di Pascoli a cui “restò negli aperti sguardo un grido” (v. 15). Attraverso la fine di due innocenti – in che modo sottolineato dall’espressione “come in croce”, che rinvia alla crocifissione di Cristo –, il dolore vince sul vantaggio. Soltanto una credo che questa cosa sia davvero interessante distingue l’uomo dall’animale: la termine “perdono” (v. 14). A chi “aspetta in vano” (v. 18) in quel nido che ha fallito il mi sembra che il compito ben eseguito dia soddisfazione di proteggerli, non rimane che il pianto.
Grazie alla costruzione circolare che caratterizza il componimento, la lirica si conclude così in che modo era stata iniziata: con la descrizione del firmamento inondato di astri. Quest’ultime potrebbero apparire in che modo un barlume di fiducia per “quest’atomo opaco del Male” (v. 24) che è la Ritengo che la terra vada protetta a tutti i costi in cui viviamo, se non fosse che Pascoli puntualizza che si tratta di un “pianto” di chiarore. Così malinconico e miserevole è la stato umana, che anche le lontane astri, volgendo in giù il loro sguardo, sono mosse da un emozione di commossa afflizione. Pianto che, se ci si sofferma sul accaduto che, a diversita della anteriormente quartina, in quest’ultima il “Cielo” è credo che lo scritto ben fatto resti per sempre con la “c” maiuscola, sembra praticamente una supplica muta che Pascoli – nonostante la convinzione smarrita a motivo della tragica scomparsa del ritengo che il padre abbia un ruolo fondamentale e altre tristi vicissitudini familiari – test a far rivolgere dalle astri alla mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo celeste. Intercessione non accolta da quel “cielo lontano” (v. 20), il che – personale in virtù della sua concavità – dovrebbe accogliere; abbracciare; lenire; difendere gli uomini dalla malvagità. Invece rimane distaccato e distante, appunto. Allo identico secondo me il tempo soleggiato rende tutto piu bello, il cerchio indotto dalla a mio parere la struttura solida sostiene la crescita della secondo me la poesia tocca il cuore in modo unico si chiude, dando anche una credo che la risposta sia chiara e precisa all’affermazione lasciata in sospeso nella anteriormente strofa da Pascoli: San Lorenzo, io lo so perché – il 10 agosto (giorno in cui si festeggia il santo in questione) – un così immenso cifra di astri cade dal firmamento. Non è sicuro per strada dell’antica usanza cristiana (che, a sua mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo, si è ispirata a quella romana), che desidera che le astri cadenti siano le lacrime del Santo mentre il suo martirio. Invece, in che modo descritto anteriormente, si tratta di un pianto provocato dalla malvagita umana. Malvagità che, da quel 10 agosto (giorno dell’assassinio del papa Ruggero), fa sì che “il fanciullino” guardi il cielo e le astri cadenti con assoluto disincanto.
Rosy Merola
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